"[…] La pittura di Pinto è grande perché afferma il nulla ontologico delle cose in quanto tali utili solo alla sopravvivenza del nostro sé. La vanità di tutte le cose è misura fondante della sua arte. […]
Nelle sue opere Pinto attua una trasformazione, strappa le cose da quella messa in prospettiva storica e le rende esistenti in sé stesse come verità.
Il dolore nella sua nuda realtà è la trascrizione del nulla di senso. E l’esistenza liberata nel senso che sfugge alla progettualità, è arte.
Non è il soggetto rappresentato o il significato che fa un’ opera d’arte, ma la sua mancanza di senso. […]"
Massimo Donà, intervento alla mostra Bruno Pinto. Dopo il Silenzio, a cura di Peter Weiermaier, con contributi di, Massimo Cacciari, Valerio Dehò, Galleria d'Arte Moderna, Bologna 2003.