Carmine Benincasa, 1983

"[…] L’inquietudine e l’incertezza di vivere nel mondo solo come attesa della salvezza, mentre si compie comunque e sempre l’impotenza dell’uomo per tentare di essere giusti davanti a Dio, conduce Pinto a tessere una trama dove i segni si sbilanciano e diventano irriconoscibili, si sfilacciano e perdono il sentiero del racconto lineare, si smarriscono per divenire solo presenze nello spazio del progetto del quadro. Il racconto dell’uomo viene confuso e condotto al balbettio di un fanciullo che cerca la luce e oramai gli resta solo il tempo di attenderla dall’altrove, da oltre il quadro. […]
Ma l’opera di Pinto non è mai paranoica, teatrale o ambigua, come dopo il protomanierismo lo sarà il Barocco. […]
Bisogna dipingere 'come se' la pittura fosse già luce e per tentare l’impotenza della materia ad essere luce pur restando materia."

 

Carmine Benincasa, in Cat. Pinto...e Lutero, progetto e ideazione di Carmine Benincasa e Lorenzo Sassoli, contributo di Marisa Vescovo e Luciano Nanni. Leader Arte, Roma 1983